III DOMENICA T.O.
Dal Vangelo secondo Luca
Poiché molti hanno cercato di raccontare con ordine gli avvenimenti che si sono compiuti in mezzo a noi, 2come ce li hanno trasmessi coloro che ne furono testimoni oculari fin da principio e divennero ministri della Parola, 3così anch’io ho deciso di fare ricerche accurate su ogni circostanza, fin dagli inizi, e di scriverne un resoconto ordinato per te, illustre Teòfilo,4in modo che tu possa renderti conto della solidità degli insegnamenti che hai ricevuto. Gesù ritornò in Galilea con la potenza dello Spirito e la sua fama si diffuse in tutta la regione. 15Insegnava nelle loro sinagoghe e gli rendevano lode.16Venne a Nazareth, dove era cresciuto, e secondo il suo solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere. 17Gli fu dato il rotolo del profeta Isaia; aprì il rotolo e trovò il passo dove era scritto: «18Lo Spirito del Signore è sopra di me ;per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi ,19a proclamare l’anno di grazia del Signore». 20Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all’inserviente e sedette. Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui. 21Allora cominciò a dire loro: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato».
Il brano evangelico di questa domenica mette insieme due testi distinti: quello dell’inizio del Vangelo di Luca e quello relativo ad un episodio della vita di Gesù a Nazaret.
Il “proemio” serve all’Evangelista per accreditare l’autorevolezza del suo scritto agli occhi dell’amico Teofilo e di quanti dopo di lui attingeranno a questa fonte per conoscere meglio la persona di Gesù di Nazaret, il Figlio di Dio crocifisso e risorto. In tal senso, il valore della sua opera non è dato solo dall’accuratezza del lavoro storico svolto (v. 3), ma soprattutto dall’oggetto dell’indagine: Gesù Cristo.
La sua non è semplicemente una ricerca storica, una cronaca giornalistica di fatti realmente accaduti. E’, invece, “Vangelo”, cioè la lieta notizia della salvezza che Dio ha comunicato a noi nella persona di Gesù di Nazaret.
L’Evangelista è quindi insieme uno studioso accurato della verità storica e un servo della Parola che salva.
L’episodio che segue nel brano liturgico (vv. 14-21), dopo un succinto raccordo con quanto avvenuto in precedenza (v. 14), racconta di un gesto profetico compiuto da Gesù nella città in cui era cresciuto (v. 16): Nazaret, in Galilea.
Dopo i fatti riguardanti la nascita di Gesù (Lc 1-2) e la fase preparatoria del suo ministero pubblico (Lc 3,1-4,13), Gesù dà finalmente inizio al lungo percorso che lo condurrà a Gerusalemme, città della sua morte e resurrezione.
Da Nazaret a Gerusalemme, Gesù compie un cammino fisico e spirituale con decisione. Egli stesso più tardi ammonirà così un tale che, con qualche tentennamento, chiederà di seguirlo: «Nessuno che ha messo mano all’aratro e poi si volge indietro, è adatto per il Regno dei cieli».
Questo cammino inizia sotto il segno dello Spirito (v. 14), quello stesso Spirito che lo aveva condotto poco prima nel deserto (Lc 4,1). E’ il segno esplicito della compagnia di Dio: Gesù non agisce di propria iniziativa, ma in perfetta comunione con il Padre.
Di tutto ciò Luca fornisce alcuni indizi (vv. 15-16). E’ un sabato e davanti alla folla che si accalca nella sinagoga si leva Gesù, la cui fama in quei giorni sta dilagando per tutta la regione. Legge la Bibbia, un brano di Isaia, un annunzio di speranza e di liberazione.
Il silenzio e gli occhi fissi dell’uditorio attendono la spiegazione, l’omelia sinagogale. Ma Gesù pronunzia una sola frase, strana e pesante come un macigno: tutta la speranza annunziata da Isaia è diventata realtà «oggi», proprio in lui, Gesù di Nazaret.
La parola di Dio, fonte di speranza per poveri, ciechi, oppressi, diventa ora azione, salvezza e liberazione. Gesù non è venuto per riportare i lontani a Dio, ma per portare Dio ai lontani, a uomini e donne senza speranza.
In questa scena Luca trova il ritratto più pertinente di Gesù, per cui il discorso di Nazaret e un po’ come il programma sintetico dell’intera missione terrena di Cristo.
Da allora, però, sono passati duemila anni, che senso ha per noi oggi tutto questo?
Anche oggi Cristo parla e realizza quanto dice.
Entra nelle nostre chiese con la sua parola, che viene letta, spiegata e compresa. Ma di fronte a Lui che ci parla, quale atteggiamento assumiamo? Non lo ascoltiamo, preferendo lamentarci di lui che fa silenzio, che è muto, che si nasconde, invece di riconoscere che siamo noi i sordi e i duri di cuore? Oppure la Sua parola “vince” la nostra indifferenza, portandoci alla conversione, ovvero a “con-vergere” verso di Lui?Presentiamo al Signore misericordioso le nostre miserie (che ciascuno di noi le conosce benissimo e può chiamarle per nome) e chiediamogli di placare le nostre paure, di illuminare la nostra cecità, di liberarci dalle nostre povertà e da tutto ciò che ci rende schiavi di qualcuno o di qualcosa e di condurci alla gioia pasquale.
Diac. Giuseppe Tondi